Controvento: Il tesoro che il Sud non sa di avere, Antonello Caporale, Strade Blu-Mondadori, 2011.

 

logo“Antonio Colucci ha sempre amato la zappa. Anche le mucche. E il trattore. E la mietitrebbia. E non sapeva dire cosa fosse una pala eolica prima di averla vista sovrastare la sua casa. Dopo ha capito cos’è. Ha capito innanzitutto che la pala produce energia elettrica. Più gira e più produce. E se produce energia, produce anche soldi. E i soldi li trattiene la società proprietaria della pala, che sfrutta il vento del suo paese. Il vento soffia su Ripabottoni, ma si infila in altre tasche. Antonio ha saputo anche che la pala produce soldi pure se non gira. Non ha capito bene perché, ma la legge stabilisce così e lui non è andato oltre.
Tutti gli hanno detto che la pala non fa rumore, perché non c’è benzina nel suo motore. Anzi, il motore non c’è proprio. È un artiglio di acciaio, una colonna di ferro esile che guarda il cielo e poi si dipana come un fiore, con le eliche che la fanno sembrare una margherita.
Però lui sa che la pala fa rumore anche se è silenziosa. È difficile da spiegare, ma se andate a casa di Antonio capirete, perché lui vi dirà quello che già sappiamo: per prima cosa che sono scappati tutti i topi, per colpa del rumore. Poi vi dirà che non è riuscito a prendere più sonno e gli sono venute le allucinazioni. E il medico ha confermato che non sta bene a causa di quel rumore che non si sente, ma che il fisico avverte. “

E’ un brano di questo libro di Antonello Caporale, giornalista del “Fatto Quotidiano”. E’ un libro di due anni fa, ma certamente nulla è cambiato da allora. Anzi, molto probabilmente alcune sono peggiorate. E’ fondamentalmente un saggio, con una componente romanzata soprattutto nella parte iniziale del testo. E il protagonista è appunto Antonio Colucci, contadino verace che si trova invischiato in questo nuovo, micidiale business.

Controvento racconta il forte sviluppo delleolico nel Sud Italia. Caporale entra nelle persone, negli agricoltori che si trovano a scoprire piano-piano questa nuova forma di investimento. Capita che vedono strani strumenti, l’anemomentro e banderuola per la misura della velocità e direzione del vento, e poi, a poco a poco, si trovano invischiati in scatole cinesi, intrecci bestiali,  alcuni (alcuni: un po’ di ottimismo non guasta) anche loschi, attorno alle energie rinnovabili. Ma non è tutta colpa dell’uomo del Nord che cala come un falco dove c’è da mangiare. Emerge, e Caporale lo sottolinea con forza, anche “l’incapacità storica e quasi “genetica” della gente del Sud di costruire futuro, addirittura di pensarlo. E sarà bene che tutti quanti noi, se volessimo leggere questo libro, ci mettessimo nella condizione d’animo di ammetterlo: senza paura, seppure senza vittimismo.

“Lo Stato – scrive Caporale – ha semplicemente abdicato al suo dovere. Senza mai indicare, valutare, ammettere o respingere [..] dire no qualche volta alle pale. No qui no. Lì, invece si.”.

Lo Stato, e poi le Regioni,  con le loro leggi, i regolamenti ecc., hanno fatto fare affari. A chi? Ai privati. Ma poi, perché un privato è sempre più bravo del “pubblico”? Certo; perché rischia i soldi suoi (in molti casi chiesti in prestito alla banca) e quindi, di conseguenza., tutto quello che fa, lo farebbe necessariamente meglio del “pubblico”. Ed è sempre così? L’esperienza ci insegna che non sempre è così. Ma immancabilmente, facciamo finta di niente ed andiamo avanti così.

E a pag. 67, ecco spuntare la terra del Mito (Castellaneta, per chi non lo sapesse). Quando Caporale ha scritto il libro non tutte le torri erano state installate. Scrive di 15 progetti per un totale di 560 pale tra Castellaneta e Laterza. E proprio a proposito di questa terra, Antonello scrive: “ Il bello di queste società del vento è che non si sa mai se sono figlie di idee serie o di pratiche farlocche” Ed ancora “La stragrande maggioranza delle società intenzionate a realizzare i parchi eolici di Castellaneta e Laterza fanno capo a società anonime che hanno sede in Lussemburgo E tante hanno il minimo capitale sociale (10.000 Euro) per produrre e controllare il massimo business milionario”.

Eppure è andata così (ecco il fatalismo meridionale che ritorna). Con il sole, il vento e l’acqua si sarebbe potuto costruire il paradiso nel Sud e sarebbe stata manna dal cielo. E la critica è feroce: ma il Sud non saputo riconoscere questo tesoro. Ed ora il Sud prende le briciole ed atri fanno enormi guadagni.

Ai Sindaci non piacciono le complicazioni, scrive. Meglio che se la veda il privato che è bravo ad assumere tecnici e operai specializzati che i Comuni non hanno.  Scelga pure il privato il luogo dove installare le torri, si faccia lui stesso le misure e vada avanti. E poi dia un obolo. Il 2%,  il 2.5%? Quanto basta (anche per Legge, ora),  da calcolare anche senza i certificati verdi che i Castellanetani hanno  imparato a conoscere, ma di cui non hanno visto ancora niente. Ma poi, sarà proprio sicuro, aggiungo io, che la delega agli imprenditori derivi solo dalla scarsa voglia di rimboccarsi le maniche? Non è che per caso, ci sono altri interessi da parte degli amministratori? Io non lo so, certo che è facilmente immaginabile che ci sia altro. Magari molto altro ancora. Ma di tutto questo, più che auspicare che chi può indaghi, non si può fare.

Ma ci sono delle situazioni in cui la Storia è andata in modo diverso? Saltiamo a pag. 77 e facciamoci un giro nel bresciano. Lì, 25 comuni si sono consorziati ed hanno redatto un piano che prevedeva un investimento di 23,5 milioni con un ricavato annuo di 5 milioni. E così in 5 anni si sarebbero ripagato l’investimento. Hanno presentato il Progetto alla Banca ed hanno ricevuto un mutuo ventennale di 23 milioni. Individuata l’area (non agricola), installato i pannelli, l’impianto è andato a regime. Alla fine, “tutto il sole è entrato nelle casse dei comuni. Dei 5 milioni annui, pagato il mutuo e tutto il resto, restano 2 milioni per illuminare gratis scuole e uffici, vie e sottopiazze” che così non gravano più nelle tasche dei cittadini. E dopo il fotovoltaico – scrive Caporale – stanno facendo un pensierino per l’eolico. Chissà se l’hanno realizzato. Magari un amministrazione pubblica può anche pensare di dare in gestione al privato i suoi impianti, ma in questo caso una buona parte dei proventi rimarrebbe comunque nelle casse pubbliche. Da noi, invece, è andata al contrario. Tutti i soldi al privato, la miseria a noi. Chissà poi perché tutte le ditte del Nord non hanno fatto gli impianti a casa loro e sono venuti da noi a realizzarli. Perché il vento, da loro, non era “buono”?  O solo perché nel Sud c’è un’alta ventosità?

Fatto sta che le cose sono andate così e difficilmente potranno cambiare, almeno nel breve periodo. Ai cittadini che abitano il territorio sono andate (quando sono andate!!) le briciole, il paesaggio è stato stravolto da tante lucine che di notte somigliano sappiamo a cosa, gli agricoltori che hanno la sventura di avere la casa troppo vicina a queste benedette pale sono stravolti insieme ai loro animali di allevamento.

Terminato il libro si ha la sensazione dell’ennesima occasione persa, in una terra che Dio solo sa di quanto progresso e di quanto riscatto avrebbe bisogno. La verità è che ci apprestiamo a bruciare una ricchezza, senza averla nemmeno riconosciuta.   E una domanda mi assale spontanea (sempre per la serie delle domande impossibili): – ma noi, gente di Castellaneta, queste briciole le abbiamo almeno viste in questi primi mesi di attività delle nostre magnifiche pale?

Mimmo Ventrella

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